Perché i salvadanai hanno la forma dei porcellini?
Il nesso tra questo buffo animale e il salvadanaio.



Tutti ne hanno avuto almeno uno: sfido a trovare chi, da piccolo, non ha mai comprato un salvadanaio. Conservare uno ad uno quei pochi spiccioli nel proprio salvadanaio quasi in maniera maniacale, sentirsi più responsabili nel custodire quel piccolo tesoro, la gioia nel constatare che per quel maialino rosa era giunto il momento di essere distrutto e soprattutto la soddisfazione di essere riusciti in un'impresa, che ha richiesto così tanti sacrifici e tanta pazienza, da renderla ai nostri occhi di bimbo innocente, epica, quasi magica, proprio come la fine di una delle tante avventure dei cavalieri della tavola rotonda. Ma come mai il salvadanaio per eccellenza ha la forma di un porcellino?
Le ipotesi più accreditate sono due:
La prima, secondo la quale dovremmo spostarci in Cina per capirne il motivo, infatti, proprio qui, sono stati ritrovati maialini di porcellana risalenti al XIV secolo che pare siano stati molto diffusi durante la dinastia Qing. I cinesi amavano i maiali quasi al punto di venerarli, tant'è vero che secondo la storiografia i primi ad allevarli furono proprio loro ben 9000 anni fa. Riuscendo così a sfamarli così per millenni attribuirono loro il simbolo di prosperità e fortuna.
La seconda ipotesi è legata invece all'etimologia della parola inglese del salvadanaio, cioè "piggy bank". Pig significa infatti maiale ma a quanto pare la parola piggy ha ben altre origini. Nel XV secolo veniva utilizzata un tipo di creta, col nome di pygg appunto, per dar vita ai più svariati utensili utilizzati nella vita di ogni giorno. Non passò molto tempo che il termine venne erroneamente sostituito dalla popolazione con la parola pig, foneticamente molto simile alla precedente.

Curiosità: Recentemente il maiale è stato rivalutato oltre che per uso alimentare anche come animale da compagnia per la sua particolare intelligenza, non è strano infatti vedere famosi vip che ne possiedono uno come animale domestico.

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