Giuseppe Ungaretti Riassunto: vita, opere e pensiero

non gridate più, il dolore, il sentimento del tempo, i fiumi, l'allegria, veglia, soldati, san martino del carso

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    Giuseppe Ungaretti
    Ungaretti illustrato in modo sintetico


    Nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto e inizia a occuparsi di letteratura, leggendo i maggiori scrittori moderni e contemporanei. Passando per l’Italia, si reca a Parigi, approfondendo la conoscenza della poesia decadente e simbolista. Si arruola come volontario in un reggimento di fanteria, inviato a combattere sul Carso, dove pubblica Il porto sepolto, Allegria dei naufragi. Le due raccolte confluiranno poi nel volume L’allegria. Si trasferisce a Roma nel 1921 e, nel 1933 pubblicherà la raccolta Sentimento del tempo. Nel 1936 fu chiamato per ricoprire la cattedra di Letteratura italiana all’università di San Paolo in Brasile, rientrò poi in Italia a insegnare Letteratura italiana all’università di Roma. La sua poetica si basa su:
    -componente autobiografica trasfigurata per caricare i versi di valore esemplare;
    -la poesia penetra il mistero della realtà grazie ai procedimenti di tipo analogico;
    -la parola poetica possiede un significato magico ed esoterico: attraverso la parola il poeta coglie la totalità e la pienezza dell’essere, essa possiede valore evocativo e forza di penetrazione intuitiva.
    -altissimo livello di sperimentazione formale: lessico selezionato e suggestivo, sintassi ridotta all’essenziale e punteggiatura assente.
    L’allegria, raccolta di poesie nata con il nome di Allegria di naufragi, esprime i sentimenti nati dall’esperienza della Prima Guerra Mondiale, come dolore e come scoperta dei valori più autentici di fratellanza e umanità. L’opera è suddivisa in cinque sezioni e si tratta tuttavia di una autobiografia “trasfigurata”, in quanto i singoli eventi assumono valore di un’esperienza paradigmatica in cui l’uomo incontra la verità, il senso profondo e ultimo della propria esistenza. Per Ungaretti il poeta è una sorte di “sacerdote” della parola. La capacità di sintesi della poesia è misteriosa e il poeta usa l’analogia; questo procedimento va oltre la simbologia. Comporta inoltre, la distruzione del verso tradizionale, incontra lo stile nominale.
    Veglia: In questa poesia il poeta resta a lungo in una fossa accanto al cadavere di un suo compagno, fino a quasi condividere con lui l'esperienza di morte. Il poeta, sceglie di rovesciare la drammaticità della scena con un immenso atto vitale con un senso di legame e di compenetrazione tra lui stesso ed il defunto. L'attaccamento alla vita affermato nella conclusione invece ha un valore in qualche modo religioso: il sopravvissuto custodisce i valori della vita anche per il morto. Nel concludere così il componimento, il poeta non vuole indicare la sua resa all'insensatezza del dolore e della morte, ma dimostrare il suo bisogno di suprema armonia, da realizzarsi attraverso l'assunzione di quelle parti di realtà bisognose di significato.
    Soldati: La precarietà della vita dei soldati è come quella delle foglie di autunno: con un filo di vento esse possono staccarsi e scomparire, così come può spezzarsi all'improvviso l'esistenza degli uomini e in particolare riferimento alla condizione dei soldati al fronte. Come in molte altre delle sue liriche, anche in questa il poeta non utilizza alcun tipo di punteggiatura per esprimere un flusso continuo, come se il tempo si fosse fermato.
    San Martino del Carso: Di fronte a un villaggio semidistrutto dalla guerra, il poeta richiama alla memoria le figure dei compagni morti combattendo: nessuno manca all'appello del cuore straziato. Le parole di cui la lirica è costituita appartengono al linguaggio comune, ma la loro essenzialità è tale da produrre un effetto di poesia totale, addirittura rarefatta.
    I fiumi: è sera e il poeta si sta riposando, fissando la Luna. Lui, unico superstite si sente come una reliquia conservata in un’urna d’acqua che rievoca il sacramento del battesimo e quindi la rinascita. Dopo essersi rialzato dalla trincea, cammina in bilico, immergendosi nelle acque del fiume ed infine, si prostra al sole. Il poeta poi, parlando al presente, ripercorre il passato attraverso i fiumi che hanno segnato alcune tappe importanti. Ritorna infine al presente, nostalgico e triste paragonando la precarietà della sua vita ad una crolla di un fiore.
    Girovago: domina il tema centrale della mancanza di un punto di riferimento poiché il poeta non riesce più a trovare un luogo sicuro che lo accolga. In ogni posto in cui va, se ne stacca sempre da straniero.
    Il sentimento del tempo sono le poesie scritte a partire dal 1919, il poeta vuole evidenziare un altro modo possibile di intendere il tempo, come durata, in un processo continuo di distruzione e rinascita. Lo scenario in cui si collocano le poesie di questa raccolta è Roma, luogo della memoria. Fanno comparsa anche alcune divinità della mitologia greco-romana. Si recuperano le strutture sintattiche e le forme metriche tradizionali.
    Il dolore è una raccolta del 1947 che si fa voce del tormento personale (la morte del fratello e del figlio) e collettivo (la guerra). Si risolve in una sorte di diario poetico, specchio di vita tradotto in confessione autobiografica.
    Non gridate più: scritta nell’immediato dopoguerra, indirizzata a coloro che hanno superato la tragedia di quegli anni (Seconda Guerra Mondiale). Con l’espressione “cessate di uccidere i morti”, un adynation, cioè una cosa impossibile, il poeta chiede di superare l’odio che ancora insanguina la vita politica e civile italiana. C’è una contrapposizione tra grido (dei vivi) e sussurro (dei morti).


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