L'Italia tra ottocento e novecento

riassunto di storia dell'Italia tra ottocento e novecento

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    L'Italia tra ottocento e novecento
    riassunto di storia dell'Italia tra ottocento e novecento


    Sviluppo e crisi. I governi della Sinistra
    Tra il 1870 il 1880 si avviò anche in Italia la rivoluzione industriale, si affermarono le industrie tessili e presero sviluppo le industrie destinate alla fusione e alla preparazione dei metalli come impianti siderurgici e industrie meccaniche. La società Edison si dedicò alla produzione di energia elettrica e l'azienda Montecatini ai prodotti chimici. Anche l'agricoltura registrò qualche sviluppo, furono completate grandi opere di bonifica e create moderne aziende ad alta redditività. Ci fu un importante cambiamento politico: i liberali moderati della destra storica persero la maggioranza in parlamento e dovettero lasciare il potere nel marzo del 1876 alla sinistra, diretta da Agostino Depretis; il programma della sinistra prevedeva iniziative a favore delle classi popolari come: - L'istituzione della scuola elementare, gratuita e obbligatoria - Estensione del diritto di voto - Cancellazione dell'importo della macinazione del grano - L'avvio di un'inchiesta sulle condizioni dei contadini italiani e il riconoscimento di qualche autonomia di comuni, in particolare di rendere elettiva la nomina del sindaco, fino ad allora nominato dal governo. Depretis rimase al governo dal 1876 al 1887 attuando il sistema del trasformismo (praticato già al tempo di Cavour), si trattava di uno scambio di favori e vantaggi tra uomini del governo e membri del parlamento. Si impegnò ad attuare il programma stabilito: - L'obbligo dell'istruzione elementare, con la legge Coppino, istituì un biennio iniziale per ragazzi di età compresa tra 6 e 9 anni - La riforma elettorale, il diritto di voto fu esteso a coloro che avessero compiuto 21 anni, sapessero leggere scrivere e pagassero ogni anno una tassa di almeno 19 lire
    - L'inchiesta sulle condizioni di vita dei contadini affidato a Stefano Jacini Applicò anche dazi doganali sulle importazioni di merci straniere, per proteggere dalla concorrenza i prodotti dell'industria nazionale, fu chiamato protezionismo e portò ad una crisi di sovrapproduzione, dovuta all'apparire sul mercato internazionale dei prodotti di nuovi paesi, assenti fino a quel momento dalla competizione economica. Ciò danneggiò l'economia delle regioni agricole, le tariffe doganali ostacolavano le esportazioni dei prodotti della terra. La crisi che investì l'Europa a fino ottocento si fece sentire anche in Italia, in alcune regioni le difficoltà e disagi spinsero intere famiglie a cercare fortuna fuori Italia (soprattutto nelle Marche e nel Veneto), iniziò così l'emigrazione degli italiani, divisa in due grandi gruppi: - Di breve periodo, stagionale verso i paesi dell'Europa centrale - Permanente, verso gli Stati Uniti Non sempre si seguì l'emigrazione, ma si usò lo sciopero, forma di protesta derivata dagli operai in fabbrica, il più aspro fu quello nel mantovano nel 1885 con il nome di "la boje", la terra "bolliva" per la grande rabbia concentrata. L'agitazione fu repressa con l'intervento dell'esercito e con l'arresto di oltre 100 contadini. La crescita dell'industria favorì la diffusione dell'associazionismo operaio, influenzato dall'anarchismo al quale s’ispirarono alcuni moti poi falliti, a Imola e Benevento. Dopo gli anni 80 si affermò il socialismo marxista, per iniziativa di Andrea costa che fu il primo socialista a essere eletto deputato. Il movimento socialista italiano si collegò con la Seconda Internazionale, associazione di coordinamento fondata a Parigi. Tra le azioni più clamorose ci fu la proclamazione per il 1 maggio di una manifestazione internazionale per la riduzione ad otto ore dell'orario di lavoro nelle fabbriche. Per iniziativa di Filippo Turati e di Anna Kuliscioff le varie tendenze presenti furono unite in una formazione politica, chiamata Partito Socialista Italiano, nel 1895. Nelle campagne si sviluppò l'attività assistenziale delle organizzazioni cattoliche a favore dei ceti popolari, a favore delle questioni sociali prese posizione il Papa Leone XIII con l'enciclica Rerum Novarum che ebbe un enorme risonanza e favorì lo sviluppo dei primi movimenti associativi cattolici. Luigi Sturzo futuro fondatore del primo Partito popolare cattolico, il Partito Popolare Italiano che si rivelò fondamentale nell'opera.

    Il rovesciamento delle alleanze e la politica coloniale
    Il 20 maggio del 1882 fu stretto tra Italia, Austria e Germania un patto militare di tipo difensivo, la Triplice Alleanza che impegnava i contraenti a prestarsi aiuto in caso di aggressione da parte di terzi. Uno dei motivi fu l'occupazione della Tunisia compiuto dalla Francia nel 1881, il governo di Roma stava progettando di imporre il protettorato coloniale sulla terra africana e ciò provocò un peggioramento delle relazioni tra Italia e Francia. A orientare il governo verso la Germania e l'Austria fu l'atteggiamento del re Umberto I che provava ammirazione per il militarismo di Bismarck. Nello stesso periodo iniziò l'espansione coloniale italiana e nel 1882 fu acquistato il porto di Assab in Eritrea, poi verso l’Etiopia dove il re si oppose all'avanzata italiana. Dopo la morte di Depretis, la presidenza del consiglio passò nelle mani di Francesco Crispi che governò dal 1887 al 1896. Nei confronti dei cattolici e della Chiesa, seguì una linea anticlericale, ciò rese più difficili i rapporti tra Stato e Chiesa. Nei confronti delle associazioni popolari e operaie adottò una politica dura e repressiva, sciolse il partito socialista e 284 organizzazioni operaie in tutto il territorio nazionale. Le più importanti opere eseguite da Crispi furono: - La legge che rendeva elettiva la carica di sindaco - La promulgazione del codice penale, firmato da Giuseppe Zanardelli dove si aboliva la pena di morte In politica estera fu sostenitore dell'espansione coloniale, riuscì ottenere il possesso dell'Eritrea tramite accordi politici, in Somalia furono stabiliti due protettorati italiani sui sultanati di Obbia e
    Migiurtini. Quando tentò di consolidare il dominio in Etiopia, fu sconfitto nella battaglia di Adua. Dovette lasciare il Governo sotto le accuse di tutta la nazione, un'intesa con Menelik accordò agli italiani il permesso di restare in Eritrea e in Somalia. L'industrializzazione aveva portato nell'Italia di fine Ottocento delle trasformazioni sociali e delle richieste di aperture democratiche (diritto di voto, migliori salari e libertà sindacale). La politica repressiva di Crispi fece crescere la tensione sociale, aggravata dall'aumento del prezzo del grano e si ebbero delle rivolte in varie parti d'Italia, ma l'evento più grave si verificò a Milano. Il governo presieduto da Di Rudini dichiarò lo stato d'assedio e il generale Bava Beccaris intervenne con l'esercito prendendo a cannonate la folla. Il successivo governo Peloux tentò di introdurre leggi eccezionali, limitando le libertà di stampa e di associazione, ma incontrò l'opposizione del parlamento. Il successivo governo Saracco tentò di ristabilire l'armonia sociale, ma nel 1900 il re Umberto I fu assassinato e al suo posto divenne re Vittorio Emanuele III (figlio).

    L’età giolittiana
    Nel periodo 1903-13 il capo del governo fu Giovanni Giolitti. L'Italia era cambiata: l'industria era cresciuta e con essa le rivendicazioni delle organizzazioni operaie. Giolitti innovò l'azione del governo, affermando il principio della neutralità nelle lotte tra capitale e lavoro. Proclamò uno sciopero generale, il primo nella storia d'Italia dove non inviò l'esercito e lasciò che si svolgesse e si esaurisse, limitandosi ad assicurare l'ordine pubblico. Ai lavoratori riconobbe il diritto di associarsi e la più ampia libertà di sciopero. Si costituì nel 1906 la Confederazione Generale del Lavoro (C.G.L.), il primo sindacato a carattere nazionale, che riuniva sotto la sua direzione le camere del lavoro locali. Furono promosse in quegli anni un insieme di riforme sociali, tra cui: - assicurazione contro gli infortuni - Pensioni - Giornata lavorativa di otto ore - Divieto di impiegare donne e bambini in lavori pesanti - Distribuzione gratuita di chinino contro la malaria, che diminuì sensibilmente Nel 1912 attuò un'altra importante riforma: il suffragio universale maschile, che diede per la prima volta il diritto di voto ai contadini. Per consentire la candidatura ai più poveri fu ridotta l'indennità parlamentare, compenso per le spese da sostenere nel ruolo di deputati. Mirava ad ottenere l'appoggio dei socialisti per avere una più solida maggioranza parlamentare, ma l'opposizione socialista alla guerra di Libia e la prevalenza delle posizioni massimaliste determinarono l'allontanamento tra socialisti e governo. Giolitti strinse un accordo con i cattolici in previsione delle elezioni, l'accordo dei cattolici con Giolitti, noto come patto Gentiloni prevedeva che Giolitti, in cambio di voti favorevoli ai candidati liberali su cui appoggiava il governo, avrebbe accolto alcune richieste che stavano molto a cuore ai cattolici (l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e ad impedire l'introduzione del divorzio). Le elezioni furono vinte dai liberali, rivelando il peso decisivo del voto cattolico. Il progresso del paese riguardava le regioni del nord, al sud le condizioni di vita non migliorarono. Pochi furono gli investimenti e poche le risorse destinate al meridione. Tra queste ricordiamo l'acquedotto pugliese, iniziato nel 1903 che derivò le acque del fiume Sele nei monti Picentini (Campania) e le portò attraverso la Puglia, per l'irrigazione dei territori aridi. Qualche miglioramento nelle condizioni di vita dei contadini avvenne nelle regioni del nord con incrementi nei salari e nell'alimentazione. In politica estera, Giolitti stipulò un patto di amicizia con Francia e Inghilterra proseguendo la politica coloniale con il progetto di occupazione della Libia appoggiato da gruppi finanziari con interessi commerciali nel territorio, dagli industriali che vedevano nella guerra un'occasione di profitto e dai nazionalisti, un nuovo movimento di opinione che affermava i principi del militarismo e della potenza nazionale. Al progetto si opponevano i socialisti e i
    repubblicani che ritenevano opportuno dare priorità ai problemi interni, come lo sviluppo del Mezzogiorno. Nel settembre 1911 le truppe italiane sbarcarono a Tripoli e s’impossessarono della fascia costiera e occuparono poi le isole del Dodecanneso. La guerra terminò nel 1912 con la pace di Losanna, che riconobbe all’Italia il possesso sulla Libia e sulle isole greche.

    Approfondimento: Giudizi su Giolitti
    Uno degli avversari più duri per Giovanni Giolitti, fu il pugliese Gaetano Salvemini che lo definì ministro della malavita rimproverandogli la spregiudicatezza nell'utilizzare metodi illegali pur di controllare l'andamento delle elezioni. Giolitti fu accusato di approfittare delle misere condizioni del Mezzogiorno per legare a sé la massa dei deputati meridionali. Lo storico Benedetto Croce scrisse che gli anni giolittiani furono gli anni in cui meglio si attuò l'idea di un governo liberale, il solo in grado di soddisfare le esigenze legittime delle due parti estreme (conservatori e socialisti); da un lato manteneva l'ordine sociale e l'autorità dello Stato e dall'altro accoglieva i nuovi bisogni con lasciare libero campo alle competizioni economiche tra datori di opere e lavoratori. Positivo fu il giudizio di Palmiro Togliatti, leader del Partito Comunista Italiano che descrisse Giolitti come colui che più degli altri aveva compreso la direzione in cui la società italiana avrebbe dovuto muoversi per uscire dai contrasti del suo tempo. Non bastava che gruppi dirigenti tradizionali resistessero sulle vecchie posizioni, ma occorreva cambiare qualche cosa nel vecchio modo di vivere e di governare.


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