La crisi del 1929 negli Stati Uniti e in Europa

Riassunto di storia la crisi del 1929 negli Stati Uniti e in Europa

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    La crisi del 1929 negli Stati Uniti e in Europa
    Riassunto di storia la crisi del 1929 negli Stati Uniti e in Europa


    Dopo una fase di costante crescita, tra il 1927 del 1928 il mercato americano diede i primi segnali di saturazione: i beni venduti erano minori di quelli prodotti e si crearono premesse per una crisi di sovrapproduzione. Nell'autunno del 1929 gl'investitori iniziarono a vendere azioni innescando un meccanismo in cui il valore delle azioni diminuiva costantemente creando panico tra operatori finanziari. Le banche chiusero e non riuscirono più a finanziare, tramite prestiti, le industrie. Le imprese furono costrette a chiudere e a licenziare e, operai e impiegati non potevano più comprare beni di consumo. I prodotti industriali si trovarono senza un mercato e la domanda di beni crollò, ciò fu noto come grande depressione che si protrasse fino al 1932. La crisi americana ebbe ripercussioni sull'economia europea. Nel 1924 con il piano Dawes gli Stati uniti avevano stabilito il sostegno all'economia europea e la protezione degli interessi americani. Le banche statunitensi elargivano finanziamenti alla Germania che poteva riavviare le industrie e pagare le riparazioni di guerra a Francia, Italia e Gran Bretagna che a loro volta potevano pagare i debiti contratti con gli Stati Uniti per le forniture di materiali nel corso della Grande guerra. La crisi del 1929 interruppe il meccanismo, le banche non avevano più risorse per finanziare la Germania, le banche tedesche smisero di finanziare le imprese che furono costrette a tagliare la produzione e a licenziare. La disoccupazione aumentò e la Germania, non potendo pagare i debiti di guerra, estese la crisi all'intera Europa. Il presidente Hoover cercò di conservare il pareggio del bilancio statale, con il taglio della spesa pubblica e l'aumento di tasse, ma ciò aumentò la disoccupazione e le difficoltà della buona azione. Nel 1933 divenne presidente Roosevelt che propose un programma innovativo, il new deal fondato sull'idea che il mercato non era in grado di regolarsi da solo e lo Stato doveva intervenire per regolare l'economia proteggendo le fasce sociali deboli. Fu riordinato il sistema bancario e furono realizzati i programmi di assistenza sociale per le fasce in difficoltà e lavori pubblici
    per creare posti di lavoro. Il progetto ebbe successo e ridiede fiducia e ottimismo alla popolazione, nel 1936 l'economista Keynes propose una nuova teoria economica che riprendeva le idee di Roosevelt sulla necessità di interventi dello Stato nel mercato, attraverso la realizzazione di opere pubbliche che permettevano di rilanciare il potere d'acquisto e la produzione. Nel 1929 in gran Bretagna si formò un governo di coalizione tra liberali e laburisti, presieduto da Mac Donald che gestì la crisi con il taglio delle spese, aumento delle imposte, diminuzione degli stipendi per tenere il bilancio in pareggio, aggravandola. Si decise di svalutare la sterlina, per abbassare il prezzo dei prodotti e favorirne la vendita all'estero, ma l'effetto fu di innescare l'aumento delle tariffe doganali di vari paesi e il crollo dei commerci internazionali. Nel 1931 le elezioni furono vinte dai conservatori, il governo attivò il British Commonwealth, collaborazione politica economica tra gran Bretagna e i dominions (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Sudafrica, Irlanda del Nord). La situazione francese fu caratterizzata da una instabilità politica: si alternarono 20 governi, le elezioni del 1936 furono vinte dal Fronte Popolare, alleanza tra le varie sinistre (socialisti, comunisti e radicali) che diede vita al governo di Leon Blum e sostenne le classi lavorative imponendo agli imprenditori migliori salari, contratti collettivi e meno ore di lavoro. Gli imprenditori aumentarono i prezzi con un processo di inflazione che il governo non fu in grado di controllare. Nel 1936 Blum si dimise e il Fronte Popolare si sciolse.


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